percorsi segreti per gruppi / Casentino (AR)
tutto l'anno - SU PRENOTAZIONE - per GRUPPI
Il monastero di Camaldoli e il Santuario de La Verna immersi nel Parco Nazionale delle Foreste casentinesi monte Falterona e Campigna (Arezzo), sono pronti a raccontarsi come mai prima d'ora, aprendo “le porte” ai visitatori, che avranno la possibilità di scoprire e conoscere ambienti e opere solitamente preclusi al pubblico.
I visitatori (soltanto organizzati in gruppi) potranno ammirare nella stessa giornata e sempre accompagnati da un nostro operatore (dalla mattina alla sera) sia il santuario francescano sia del cenobio camaldolese, dove ad illustrare l'arte e la storia saranno gli stessi frati francescani e monaci camaldolesi. Sarà inoltre possibile pranzare o cenare in una (o entrambe) le Foresterie.
La giornata potrà essere organizzata secondo le richieste dei visitatori visitando La Verna al mattino e Camaldoli al pomeriggio o viceversa, e pranzando presso l'una o l'altra Foresteria.
Per l'esclusivo percorso di visita si invita di scorrere in basso dopo le descrizioni di entrambi i luoghi
INFO, PRENOTAZIONI e COSTI:
Per i costi, essendo molte le variabili e le personalizzazioni, Vi invitiamo a contattarci:
Info line:
info@mazzafirra.com - 334 8950295 (anche via whatsapp)
QUANDO?
Il percorso che unisce monastero di Camaldoli e santuario de La Verna è riservato soltanto a gruppi (minimo 20 persone), per questo può essere attivato in qualsiasi momento, sempre dopo il placet delle due comunità religiose
Il complesso monastico di Camaldoli, Sacro Eremo e Monastero, venne fondato da san Romualdo di Ravenna secondo la tradizione intorno al 1012; l’anno compare per la prima volta nella deposizione resa da Raniero, priore del monastero camaldolese di San Michele di Arezzo, al processo di Perugia (1216-1220), durante il quale furono definiti i termini del giuspatronato del vescovo di Arezzo su Camaldoli. Una seconda tradizione si fonda sul diploma concesso da Teodaldo, zio di Matilde di Canossa, vescovo di Arezzo dal 1023 al 1036, con il quale dona all’eremita Pietro e ai suoi confratelli la chiesa di san Salvatore a Camaldoli. Tali avvenimenti vennero fedelmente riportati nelle Costituzioni di Rodolfo I, priore generale dal 1074 al 1087.
Il santo ravennate, dopo l’edificazione dell’eremo, trovò più in basso un luogo chiamato Fonte Buono (nome preso dalla fonte che riforniva di acqua il complesso), sulle rive di uno dei rami dell’Archiano cantato da Dante (Purgatorio V, 94), dove costruì una casa e vi stabilì un monaco con tre conversi per accogliere gli ospiti che arrivavano, affinché l’eremo rimanesse appartato e lontano «dai rumori del mondo».
Al tempo di Rodolfo I, dunque, l’ospizio divenne anche sede del noviziato dove chiunque avesse intrapreso la vita monastica sarebbe stato formato secondo la regola di san Benedetto e, solo successivamente, fu trasformato in un monastero vero e proprio.
La chiesa del monastero, intitolata ai santi Donato e Ilariano, si presenta nella veste elegante assunta coi lavori di riassetto condotti tra il 1772 e il 1775 su progetto del fiorentino Giulio Mannaioni: interventi che determinarono una vera e propria ricostruzione dell’edificio esistente – che risaliva al Cinquecento –, il quale fu allungato, innalzato e provvisto di cappelle laterali.
La decorazione murale del tempio rinnovato venne affidata al fiorentino Santi Pacini, che la compì entro il 1776. Per ampiezza si segnala, di quest’artista, il grande affresco nella volta della navata – detto la “Nuvola” –, con la Gloria della Trinità, l’Assunta e i Santi Romualdo e Benedetto, purtroppo sfigurato da un invasivo “restauro” condotto dal figlinese Antonio Righi nel 1843.
Allo stesso Pacini – uno dei campioni del nuovo classicismo che andava vieppiù permeando l’ambiente fiorentino –, furono assegnate quattro grandi tele centinate con fatti della vita di San Romualdo: due alloggiate su altrettanti altari di navata, le restanti poste alle pareti laterali della cappella maggiore, a fiancheggiare la grande Deposizione del Vasari (1539-40), ricollocata nel nuovo edificio con le altre tavole condotte dal maestro aretino per la chiesa cinquecentesca a partire dal 1537.
La Deposizione citata stava al centro della smantellata “macchina” dell’altar maggiore, del quale erano parte anche i due pannelli coi santi Donato e Ilarione e Romualdo e Benedetto, ora appesi in navata, le otto tavolette che si lasciano oggi ammirare, entro la partitura decorativa settecentesca, nel coro monastico , e le due, sistemate a mo’ di sovrapporte, ai lati dell’altare maggiore. Questo impegnativo cimento chiudeva un percorso avviato dal Vasari con la Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Girolamo (1537), e proseguito col celebre notturno della Natività, orgogliosamente firmata e datata 1538. Poste, col rifacimento settecentesco, a fronteggiarsi nelle due cappelle di navata più prossime al presbiterio, queste due ultime tavole ornavano in origine gli altari del perduto “tramezzo”, affrescato dallo stesso Vasari.
Le porte che fiancheggiano l’altare maggiore conducono nell’antisagrestia, dalla quale si accede alla sagrestia vera e propria. Qui trova posto una tarda copia della Visione di San Romualdo di Andrea Sacchi ora alla Pinacoteca Vaticana.
Ancora dall’antisagrestia, mediante una scala, si sale alla cappella della Madonna del Conforto e al coro dei monaci. Quest’ultimo dispiega una ricca decorazione ad affresco, dovuta ancora una volta, almeno per la parte figurale, ai pennelli di Santi Pacini e meno compromessa dai successivi interventi di “ripristino”. Tra le opere mobili che decorano il nobile ambiente, oltre le rammentate tavolette vasariane, merita attenzione una bella pala con l’Annunciazione, riferita per tradizione a Stefano Veltroni, cugino del Vasari e suo collaboratore (anche a Camaldoli), ma di difficile decifrazione stilistica. Vi è poi un Crocifisso ligneo cinquecentesco (recentemente restaurato e già conservato nell’aula capitolare della chiesa dell’Eremo) che presenta un modellato condotto con buone conoscenze tecniche e una interpretazione formale ispirata dall’arte fiorentina del tempo.
La contigua cappella, di garbato aspetto neoclassico, prende il nome dall’immagine della Madonna del Conforto posta sull’altare, copia di quella, veneratissima dal tardo Settecento, traslata nella cattedrale di Arezzo da un terreno di proprietà dei camaldolesi presso Porta San Clemente. Ai lati dell’altare, entro ricche cornici tardobarocche, due modeste tavole forse di tardo Cinquecento, con San Romualdo e San Benedetto. Sulla parete destra è una buona tela fiorentina di secondo Seicento con San Luca Evangelista, opera di un artista della cerchia di Carlo Dolci.
La storia della Spezieria di Camaldoli non è separabile da quella dell’Ospizio del Monastero fondato, secondo le Costituzioni del priore Rodolfo I (1074-1088), dallo stesso san Romualdo. La Spezieria annessa all’Ospedale, dopo l’incendio del 1276, fu ricostruita nel 1331. Per lo sviluppo dell’arte speziale sono fondamentali gli indirizzi contenuti nella Regola della vita eremitica (1520) di Paolo Giustinian. Dal 1460 gli Speziali iniziarono a produrre liquori a scopo medicamentoso, la cui produzione conobbe un incremento soprattutto alla fine dell’Ottocento.
La biblioteca moderna, inaugurata nel 2021, è stata realizzata recuperando i fondaci del Monastero di Camaldoli ed è intitolata al camaldolese Odoardo Baroncini, archivista e bibliotecario di inizio XVIII secolo; ospita circa 35.000 volumi fra monografie e riviste, oltre ad alcuni fondi speciali.
La nuova struttura accoglie anche l’archivio storico della comunità camaldolese; il fondo diplomatico conta 2020 pergamene (dal 1022 al 1939), il fondo “Carte sciolte”, raccolte in 246 cassette, contiene diversi autografi di illustri personaggi.
AMBIENTI VISITABILI (in grassetto quelli solitamente chiusi al pubblico)
1. Chiesa dei Santi Donato e Ilariano
2. Antisagrestia
3. Sagrestia
4. Scala per accedere ai piano superiori
5. Capitolo (o cappella della Madonna del Conforto)
6. Coro monastico della clausura con le predelle di Giorgio Vasari
7. Chiostro di Maldolo
8. Chiostro dei Fanciulli
9. Liquorificio (come si producono i liquori)
10. Biblioteca Moderna dedicata ad Odoardo Baroncini
11. Antica Farmacia dei monaci
Il percorso potrà subire variazioni (anche senza preavviso) in base alle esigenze della comunità monastica
Il santuario della Verna, immerso nella serenità e maestosità della natura, è armoniosamente incastonato nel monte, quel «crudo sasso intra Tevero e Arno», come lo descrive Dante.
L’imponente complesso conventuale, ricco di storia, arte e spiritualità, a partire dall’epoca di san Francesco, si è sviluppato lungo due direttrici, quella che dalla chiesina di S. Maria degli Angeli conduce alla scogliera delle Stigmate, mediante un lungo corridoio, e quella che attraverso una serie di chiostri si addentra nella foresta.
La costruzione più antica è la suddetta S. Maria degli Angeli, edificata entro il 1250 con un annesso conventino per la vita dei religiosi. Seguono le cappelle costruite sulla scogliera delle Stigmate a partire dal 1263. Lo sviluppo maggiore si ebbe però quando la Verna passò all’Osservanza francescana (1431) e si rese necessario edificare un grande convento avente una settantina di celle: la Verna diviene così un esteso complesso di servizi con chiostri e dormitorio, foresterie e refettori, infermeria e barberia, canova e dispensa, forno e bucataio, officine e stalle.
Dal 1475, con la collocazione nella chiesa grande di una delle più belle terracotte invetriate di Andrea della Robbia (l’Annunciazione), si apre un’epoca d’oro per l’arte alvernina: «nella chiesa ed in altri luoghi del Sasso della Vernia [Andrea della Robbia] fece molte tavole, che si sono mantenute in quel luogo deserto, dove niuna pittura né anche pochissimi anni si sarebbe conservata» (Vasari). Prende posto così nelle chiese della Verna una serie di sette grandi robbiane che rappresentano una vera e propria guida teologica per il visitatore del Sacro Monte.
Nei secoli successivi, fino al Seicento ed oltre, continua lo sviluppo edilizio ed artistico, facendo del Santuario un centro di preghiera, carità e spiritualità per la crescita dell’uomo, fondata sul dialogo e la costruzione della pace nel mondo.
AMBIENTI VISITABILI (in grassetto quelli solitamente chiusi al pubblico)
1. Chiostro di Santa Chiara
2. Chiostro del Vasari
5. Chiostro Trecento
6. Museo Conventuale della Verna (prima sede espositiva)
7. Fuoco Comune
8. Chiostro del Museo
9. Ex Fuoco Comune (seconda sede espositiva)
10. Cappella di Santa Maria degli Angeli
11. Basilica maggiore di Santa Maria Assunta
12. Robbiane entro la Basilica
13. Corridoio delle Stimmate
14. Letto di San Francesco
15. Precipizio
16. Cappella delle Stimmate
17. Sasso Spicco
18. Cappella di San Pietro di Alcantara
Il percorso potrà subire variazioni in base alle esigenze della Comunità conventuale.
Camaldoli, l'interno della chiesa dei Santi Donato e Ilariano con la "Nuvola" affresco nella volta di Santi Pacini (foto Valter Segnan)
Camaldoli, la Sagrestia con la "Visione di San Romualdo" copia di Andrea Sacchi (foto Michel Scipioni)
Camaldoli, l'ex Capitolo o cappella della Madonna del Conforto (foto Michel Scipioni)
Camaldoli, il coro monastico affacciato sulla chiesa, dove è possibile ammirare le predelle di Giorgio Vasari (foto Michel Scipioni)
La Verna, una suggestiva vista della scogliera (foto Valter Segnan)
La Verna, l'Antica Farmacia del Santuario (foto Valter Segnan)
La Verna, il Refettorio del Santuario (foto Valter Segnan)
La Verna, la Biblioteca monastica (foto Valter Segnan)
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