La Verna, Museo conventuale
Elizabeth Dester
Nelle Memorie edite a Firenze nel 1834 Francesco Gherardi Dragomanni (1834, p. 44) descrisse in modo abbastanza puntuale il soggetto dell’«antica tavola» sull’altare dell’Assunta nella chiesa di San Francesco a Montecarlo di San Giovanni Valdarno. Sullo sfondo musicale di un’orchestra di angeli divisi in trii in basso e negli angoli superiori, al centro di un grande disco aureo racchiuso in una cornice di cherubini, Gesù pone la corona sul capo velato della Vergine che, seduta sulle nubi accanto a lui, abbassa devotamente lo sguardo congiungendo le mani mentre ai lati dieci Santi simmetricamente ordinati su due file assistono alla scena: a sinistra Caterina d’Alessandria che pone la mano sulla ruota dentata, Giovanni Battista vestito di peli di cammello con la croce astile e il cartiglio, una monaca, forse Chiara, con un libro, Bernardino da Siena, fautore della fondazione del convento, che mostra il cristogramma e Francesco con le stigmate e la ferita al costato; a destra Maria Maddalena che tiene con due dita la pisside, Lorenzo con la graticola, un francescano appoggiato a un bastone a forma di tau, generalmente e dubitativamente presentato come Pietro Regalado, che Bruno Santi (in Maestri e botteghe 1992, p. 119, cat. 3.6) ha proposto di identificare con Giovanni Gualberto, Ludovico di Tolosa in sontuosi abiti vescovili e Antonio da Padova con la fiammella in mano. Sotto, nella predella, separate da pilastrini dorati, cinque scene narrano con un linguaggio corsivo e grossolano gli episodi della vita di Maria: l’Incontro tra Gioacchino e Anna, la Natività, lo Sposalizio, l’Annunciazione e la Visitazione, ambientati in brulli paesaggi pseudo collinari o inseriti in architetture elementari.
Tralasciando il generico riferimento di Repetti (1839, p. 335) a un pittore senese del XV secolo, a partire dalla segnalazione di Poggi su Rivista d’Arte (1909, p. 130), il dipinto, restaurato nel 1977 da Andrea Rothe, fu attribuito in modo unanime a Neri di Bicci, ultimo erede di una delle botteghe fiorentine più vivaci tra il Tre e il Quattrocento (Van Marle 1928, p. 543; Berenson 1963, p. 155). Come il nonno e il padre, egli riuscì a gestire una vera e propria impresa specializzata nella produzione di manufatti artistici bidimensionali e tridimensionali, capace di soddisfare il gusto di una vasta committenza religiosa e laica, il cui successo è in parte riflesso nelle pagine delle sue Ricordanze scritte dal 10 marzo 1453 al 24 aprile 1475. Sfortunatamente la realizzazione della pala alla Verna non è annotata tra le memorie e la sua collocazione originale non è documentata.
Dalla seconda metà del XVIII secolo la chiesa del convento a Montecarlo, fondato dai frati dell’Osservanza nel 1429, fu sottoposta a ristrutturazioni fino agli ultimi lavori del 1911 quando la tavola, dopo essere stata indebitamente rimossa per un breve periodo, fu posta sull’altare sinistro di fronte all’Annunciazione di Beato Angelico (Catalani 1937, p. 27; Amonaci 1997, pp. 123, 128-129). La lettura del testo di Neri però non è del tutto vana perché nelle note egli registrò l’esecuzione di sette dipinti tuttora conservati raffiguranti lo stesso soggetto, riprodotto abbastanza frequentemente all’interno della sua bottega seguendo lo schema compositivo generato da un grande cerchio di luce mutuato da Beato Angelico. Ordinando cronologicamente queste opere è possibile osservare gli stilemi e l’evoluzione del suo modus pingendi, attratto dai caratteri formali più aggiornati del suo tempo ma saldamente ancorato ad alcuni tratti tardogotici, come i colori brillanti, la profusione dell’oro e la lavorazione della lamina tramite incisioni e punzoni impressi sulle aureole, sulle stoffe, sugli oggetti e sullo sfondo punteggiato da fiammelle fluttuanti visibili nell’Incoronazione per San Felice in Piazza iniziata alla fine del 1459 o in quella per la chiesa dello Spedale degli Innocenti voluta l’anno successivo da Bartolomeo Lenzi (Le Ricordanze (1453-1475) 1976, pp. 130-131, n. 254, p. 145, n. 285). Nell’ancona del 1461 ora al Musée Jacquemart-André a Parigi (ivi, pp. 162-163, n. 321) il disco è ulteriormente impreziosito da raggi lineari terminanti in una corolla appuntita, un elemento che si ripete nella pala per Sant’Agostino a Certaldo (ivi, p. 203, n. 403) e in quelle successive.
La varietà nella serialità, cioè l’abilità di creare nuove combinazioni, apportando piccole modifiche al numero, ai gesti e agli abiti delle figure o introducendo alcuni motivi che arricchiscono la scena, è un’altra peculiarità che connota le modalità di lavoro del pittore. Un esempio è la corona angelica che sostituisce le piatte nuvolette ancora presenti nell’opera del Museo Civico di Pescia (Agnoletti 2022), visibile nel dipinto del 1466 in San Bartolo a Cintoia (Le Ricordanze (1453-1475) 1976, pp. 274-275, n. 523), che viene riproposta sull’altare dell’abbazia di San Pietro a Ruoti, l’unico a mantenere l’ubicazione e la cornice originale di Giuliano da Maiano, che collaborò spesso con Neri (ivi, p. 371, n. 696; L. Fornasari, in Mater Christi 1996, pp. 56-59, cat. 27). La struttura, composta da predella, lesene scanalate, architrave, fregio ornato e cornicione, permette di immaginare l’aspetto integrale della tavola al Museo della Verna che, secondo Maetzke (Arte nell’Aretino 1979, pp. 48-49, cat. 11), nel 1630 fu ridimensionata e inserita in una nuova cornice.
Dal punto di vista stilistico il quadro con le sue «legnosette figure» (Salmi 1971, p. 118) non è però comparabile con quelli appena citati e sembra essere stato eseguito dopo la commissione per l’Incoronazione di Sant’Apollonia terminata nel luglio del 1473 (Le Ricordanze (1453-1475) 1976, p. 414, n. 771), in anni non lontani da quelli proposti per quella alla Walters Art Gallery a Baltimora (Zeri 1976, pp. 87-89), come suggeriscono la capigliatura e le rughe che marcano il volto allungato del Battista, e sicuramente antecedenti all’ultima documentata tra il 1488 e il 1489 oggi in San Giovannino dei Cavalieri (Thomas 1997), abitata da manichini inespressivi appesantiti dal panneggio. Il dipinto si può pertanto collocare nella seconda metà del settimo decennio del Quattrocento, quando l’artista lavorò per Santa Maria al Morrocco (Le Ricordanze (1453-1475) 1976, pp. 428-430, n. 797; B. Santi, in Maestri e botteghe 1992, p. 119, cat. n. 3.6) e realizzò il San Sebastiano tra i Santi Bartolomeo e Nicola da Bari datato 1478 esposto alla Pinacoteca Civica di Volterra.
La singolarità dell’opera, tuttavia, è sul retro, dove le due tavole che compongono il supporto ligneo presentano su una tela preparata a gesso alcuni disegni sottilmente delineati a punta d’argento. Sul pannello più stretto sono visibili una testina riccioluta e un’ala, un profilo femminile racchiuso dal velo e dal soggolo, il volto di Gesù e una figura aureolata in preghiera mentre sulla destra le circonferenze dei nimbi permettono di scorgere un gruppo di tre angeli, Cristo forse seduto su un trono a incoronare la Vergine e tre Santi frontali, tra i quali si possono riconoscere Lorenzo e Bernardino. Maetzke (Arte nell’Aretino 1979, p. 49, cat. 11) ha descritto questi «finissimi disegni» (Salmi 1971, nota 17 p. 133) come schizzi non pertinenti alla raffigurazione sul lato anteriore eseguita su materiale di recupero. Una decina di anni dopo la studiosa li attribuì a Mariotto di Cristofano (Maetzke 1986, p. 346), sulla falsariga di quanto già espresso da Conti (1980, p. 104) che, interpretandoli come una riduzione in scala del soggetto, li aveva ricondotti alla mano di un pittore di una generazione prima di quella di Neri, al quale invece sono stati più di recente attribuiti in qualità di bozze finalizzate all’esecuzione del dipinto stesso (Piroci 2010, p. 18; Diorio 2013, pp. 199-200). La mancanza di documenti o di un confronto speculare con opere note dell’artista rende improbabile quest’ultima ipotesi, lasciando ampio spazio all’idea che le tavole possano essere l’inizio di due differenti dipinti appartenenti a momenti precedenti cronologicamente distinti che egli aveva nella sua bottega o che i committenti gli consegnarono e che una volta girate e incollate poterono essere riutilizzate per l’Incoronazione della Vergine un tempo nella chiesa di San Francesco a Montecarlo.
Pubblicazione della scheda:
Elizabet Dester, in Divini Splendori. Tesori e percorsi francescani a Fiesole e La Verna, catalogo della mostra (Fiesole-La Verna 2022), Bibbiena 2022, n. 3, pp. 72-75
Bibliografia di riferimento:
Amonaci 1997
A.M. Amonaci, Conventi toscani dell’Osservanza francescana, Milano 1997
Arte nell’Aretino 1979
Arte nell’Aretino. Seconda mostra di restauri dal 1975 al 1979. Dipinti e sculture restaurati dal XIII al XVIII secolo, catalogo della mostra (Arezzo 1979-1980), Firenze 1979
Catalani 1937
T. Catalani, Montecarlo di S. Giovanni Valdarno - Arezzo, Firenze 1937
Le Ricordanze (1453-1475) 1976
Neri di Bicci, Le Ricordanze (10 marzo 1453-24 aprile 1475), ed. a cura di B, Santi, Pisa 1976
Maestri e botteghe 1992
Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento, catalogo della mostra (Firenze 1992-1993) a cura di M. Gregori, A. Paolucci e C. Acidini Luchinat, Cinisello Balsamo (Mi) 1992
Maestri e botteghe 1992
Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento, catalogo della mostra (Firenze 1992-1993) a cura di M. Gregori, A. Paolucci e C. Acidini Luchinat, Cinisello Balsamo (Mi) 1992
Mater Christi 1996
Mater Christi. Altissime testimonianze del culto della Vergine nel territorio aretino. Capolavori restaurati dal XIII e XVIII secolo, catalogo della mostra (Arezzo 1996), a cura di A.M. Maetzke, Cinisello Balsamo (Mi) 1996
Maetzke 1986
A.M. Maetzke, La pittura del Quattrocento nel territorio aretino, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, a cura di F. Zeri, vol. I, Venezia 1986, pp. 342-353
Poggi 1909
G. Poggi, L’Annunciazione del Beato Angelico a San Francesco di Montecarlo, in «Rivista d’Arte», VI, 2, 1909, pp. 130-132
Thomas 1997
A. Thomas, A new date for Neri di Bicci’s S. Giovannino dei Cavalieri “Coronation of the Virgin”, in «The Burlington Magazine», CXXXIX, 1997, pp. 103-106
Van Marle 1928
R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, vol. X, The Hague 1928
Zeri 1976
F. Zeri, Italian Paintings in the Walters Art Gallery, vol. I, Baltimore 1976
Nel 2015 ha conseguito il diploma di tecnico del restauro presso la Scuola Laboratorio di Restauro e Conservazione Beni culturali di Mantova e la laurea triennale in Lettere all’Università di Pavia. In seguito si è laureata al corso magistrale in Storia dell’Arte e diplomata alla Scuola diSpecializzazione in Beni storico artistici presso l’Università di Firenze, dove attualmente è dottoranda.
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